Il Comitato di Lecco e l’Arcivescovo Signore

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Il Comitato di Lecco e l’Arcivescovo Signore

I Carolingi, seguiti nel dominio ai Longobardi, non mutarono l'ordinamento di questi, sostituendo solo i duchi sconfitti con conti franchi. Il feudalesimo raggiunse le sue forme più caratteristiche: semi deserte le città, insicure le strade, i castelli con le loro "corti" divennero i punti di dominio. Mentre ad esse erano adibiti i servi della gleba, le antiche popolazioni dei villaggi continuano a vivere sul proprio territorio mantenendo i vasti beni comuni e versando la "tertia".

Nella seconda metà del nono secolo troviamo Lecco a capo di un comitato e quindi di una marca di confine. Si erano frattanto formate le Pievi Ecclesiastiche; e Esino appartenne a quella di Varenna. Seguì il fosco periodo di lotta tra i re italici di origine franca. In quegli anni il territorio era predato dagli Ungheri e vengono infittite le torri di protezione anche nel Lario orientale. Alla fine gli Ungheri sono sgominati dall'imperatore Ottone il Grande, che, poi, adotta la politica di concedere ai vescovi i feudi, per eliminare l'ereditarietà, il che fu germe della lotta col Papa per le investiture.

Morto Ottone, ultimo conte di Lecco, senza eredi, il Comitato si trova sotto il dominio dell'Arcivescovo di Milano. Il Presule, per meglio governare gli ormai immensi possessi, ne subinfeuda parecchi. Mentre il Castello di Lecco viene tenuto in amministrazione diretta, la Valsassina, Esino e Perledo vengono subinfeudati alla famiglia Della Torre, con sede in Primaluna. Nel primo secolo di questo millennio, in Milano si manifestarono contro il clero simoniaco e concubino le azioni popolari della "patalia", con ripercussioni anche nelle terre della Valsassina. Si andarono, frattanto, delineando i primi urti per la preminenza fra le varie città.

Fra il 1117 e il 1127 vi fu una guerra decennale, per terra e per lago, fra Milano e Como che giunse ad investire anche la Valsassina. Il conflitto si concluse con la distruzione della città lariana.

Fonte Wikipedia

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